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I colori sintetici

La vastità del campo d’azione dell’industria tessile e del tappeto nel secolo xix e la necessità, ogni giorno crescente, di reperire colori economici, diversi e di facile applicazione, rese ben presto evidente il bisogno di un rapido progresso nel campo dei colori sintetici.

Per raggiungere questo obiettivo, esperti chimici iniziarono ricerche di vasta portata, finché fu scoperto, ad opera di Perkin, il primo colore sintetico, che fu messo in commercio nel 1856.

Successivamente, nel 1869, i chimici Graebe e Liebermann giunsero alla composizione di una miscela artificiale di alizarina (una sostanza colorante presente nelle radici della robbia).

Nel 1897, anche l’indaco artificiale, scoperto dall’illustre chimico tedesco Bayer, fece la sua comparsa sul mercato.

Quando la ricerca e la produzione dei colori sintetici erano ancora agli esordi, il numero delle tinte disponibili era molto limitato, ma con il progresso della scienza chimica furono creati e arrivarono sul mercato svariati colori con diverse possibilità di applicazione su tutte le fibre artificiali e naturali.

I colori sintetici trovarono subito un grande impiego nei laboratori di tintura; purtroppo, l’uso di alcuni di essi, noti come colori all’anilina, costituì un danno ingente per l’industria del tappeto persiano. Si tratta infatti di colori che non hanno alcuna resistenza all’acqua e alla luce e che furono inizialmente usati in quantità relativamente ampia solo in virtù del loro basso costo, della loro lucentezza e della facilità di applicazione che li contraddistingue.

La mancanza di resistenza alla luce e all’acqua dei colori all’anilina, suscitò la convinzione generale che tutti i colori sintetici fossero privi di protezione nei confronti di questi agenti esterni, e caratterizzati da spiacevoli reazioni; in realtà, eccezione fatta per i colori all’anilina, tutte le altre tinte sintetiche, se comparate a quelle naturali, dimostrano una maggiore capacità di reazione all’azione della luce e dell’acqua.

Secondo il loro grado di resistenza, i colori sintetici si dividono come segue:


Colori instabili

La maggior parte dei primi colori sintetici appartiene a questo gruppo. Sono sostanze che non dimostrano alcuna resistenza all’azione della luce e dell’acqua. Inoltre presentano un altro svantaggio: col passar del tempo, il vello di un tappeto tinto con questi colori si fa grigio in superficie, mentre la parte interna e la radice mantengono più o meno la tinta originale.

Nonostante tutti questi inconvenienti, purtroppo alcuni tintori senza scrupoli, attratti dal costo molto economico, dalla brillantezza e dalla facilità d’impiego di questi colori, li usano ugualmente per tingere vari filati, specie nelle tonalità del turchese e dell’arancione.


Colori semi-permanenti

I colori semi-permanenti possiedono una resistenza superiore rispetto a quelli del primo gruppo e con il passar del tempo, anche a contatto con la luce, acquistano un tono assai delicato: per così dire, si maturano. Fortunatamente la maggior parte dei colori sintetici appartiene a questa categoria.


Colori permanenti

Sono i colori il cui aspetto rimane costante. Le fibre tinte con essi non variano di tono, né per effetto della luce, né del sole, né dei lavaggi.

Purtroppo anche questi colori presentano uno svantaggio: neanche dopo molto tempo perdono la loro asprezza, e non assumono mai gradazioni di colore morbide e delicate.

Fra i colori più importanti di questa categoria ci sono i cosiddetti colori al cromo, così chiamati per il fatto di essere utilizzati col bicromato di potassio. Furono sintetizzati alla fine del xix secolo, ma il loro impiego in grandi quantità nei laboratori di tintura avvenne solo dopo la seconda guerra mondiale.

Oggi sono sfruttati moltissimo nella colorazione dei filati dei tappeti persiani.

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